L’anno di Greta Thunberg e dei Fridays for Future è lo stesso in cui Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti, dichiara che “ la ricchezza americana basata sull’energia non va messa a rischio per sogni e mulini a vento”.
A gennaio 2021 finirà un’epoca politica. Donald Trump dovrà fare il passaggio di consegne alla Casa Bianca e stringere la mano al nuovo presidente Joe Biden. A nulla serviranno i ricorsi per ribaltare i risultati elettorali.
L’America ha deciso
Ha deciso di votare per i democratici, di portare per la prima volta nella storia una donna di colore alla vice presidenza di una delle più grandi potenze della Terra.
Ha deciso di votare contro Trump, contro la persona che è volata a Puerto Rico distribuendo riso e lanciando pacchi di carta assorbente, dopo che l’uragano Maria aveva distrutto l’intera l’isola. Secondo il milionario era stata cosa da poco, nulla in confronto all’uragano Katrina, definita da lui “ una vera catastrofe”; contro la persona che, in visita elettorale in California, ha più o meno detto che gli incendi che devastano lo Stato economicamente più importante degli Usa non dipendono dal riscaldamento globale e quindi della siccità, ma dalla scarsa manutenzione dei boschi, e di stare tranquilli perché “ a un certo punto la temperatura si abbasserà”, e che la soluzione per la futura prevenzione degli incendi è il disboscamento.
Gi americani hanno votato a gran voce contro quella persona che ha minimizzato il Covid-19 dicendo che il virus sarebbe sparito entro Pasqua, e nel frattempo quasi un quarto di milione di americani ha perso la vita, senza contare il fatto che l’America porta la bandiera per numero di contagi, nonostante abbia solo l’8% della popolazione mondiale.
Nel primo anno di presidenza Trump aveva già marcato un enorme distacco con il suo predecessore Barak Obama. Dopo aver annunciato la volontà di abbandonare l’accordo di Parigi sul clima, tante altre norme per la difesa dell’ambiente e per la diminuzione delle emissioni di gas ad effetto serra che erano state approvate durante i mandati di Obama, sono state eliminate o svuotate con forza.
I danni ambientali del trumpismo in quattro anni sono stati tanti e variegati
- Il sostegno alle fonti fossili
- CO2 “ libera” per i costruttori di auto e sostegno dei petrolieri
- Il rilancio della filiera del carbone
- Nuove trivellazioni in Alaska
- La conferma della richiesta di uscire dall’accordo di Parigi
- La sospensione delle leggi ambientali per la pandemia
- L’autorizzazione a cacciare cuccioli in Alaska
- Il carbone nei parchi dello Utah
Ma gli ambientalisti sostengono che Trump abbia soltanto nuovamente promosso il negazionismo climatico che era anche quello di molti statunitensi.
Nel 2004 la rivista Discovery, in un articolo dedicato alle più importanti storie scientifiche dell’anno, scrisse che stava emergendo un consenso sempre più diffuso sulla realtà del riscaldamento globale.
National Geographic annunciò che il 2004 era stato l’anno in cui il riscaldamento globale aveva raggiunto il “ rispetto generale”.
Si aveva l’impressione che la comunità scientifica stessa avesse capito solo da poco l’importanza del riscaldamento del clima.
Molti scienziati sapevano che questa attenzione era arrivata troppo tardi, nonostante già nel 1995 la principale organizzazione internazionale sul clima, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), avesse concluso che le attività umane stavano modificando il clima, nel 2001 concludeva che tale evidenza era forte e si stava rafforzando; e nel 2007 dichiarava che il riscaldamento globale era ormai “ inequivocabile”.
Attualmente tutti gli scienziati sul clima , fatta eccezione per una piccola minoranza, sono convinti che il clima della Terra stia diventando più caldo e che le attività umane siano la causa dominante.
Ciononostante molti statunitensi rimanevano (e rimangono) scettici
Un sondaggio, condotto nel 2006 dalla rivista Time, mostrava che appena il 56% degli statunitensi pensava che le temperature medie globali fossero salite e questo malgrado il fatto che praticamente tutti gli scienziati convenissero che il processo era in corso.
Un altro sondaggio di ABC News, sempre nello stesso anno, riportava che l’85% degli statunitensi credeva che la temperatura globale stesse aumentando, ma più della metà pensava che la scienza non avesse raggiunto la certezza delle cause; il 64% dei cittadini americani percepiva “ parecchio disaccordo tra gli scienziati”. Nel 2008, il Centre for the People and the Press indicò nel 71% la percentuale di coloro che credevano esistesse una “ forte evidenza che la Terra si stia riscaldando”, ma nel 2009 la risposta alla stessa domanda aveva dato una percentuale più bassa: solamente il 57%.
Nella storia Gli Stati Uniti non si sono impegnati contro il riscaldamento globale per svariate ragioni
Ma almeno una parte di responsabilità è da attribuire al ritardo da parte degli scienziati di riconoscere che la CO2 introdotta in atmosfera con l’uso dei combustibili fossili avrebbe potuto modificare il clima della Terra. Già negli anni trenta era dimostrabile che l’effetto serra era un processo in atto.
Ma nessuno ha fatto nulla per decenni.
La terra si sta scalando ed è l’uomo che sta cambiando il clima in maniera così radicale
La comunità scientifica è stata chiara a riguardo, lo ha provato, con dati alla mano. Eppure, molta gente ancora pensa il contrario? Come è possibile, dove sta l’inghippo?
C’è qualcuno che ha lavorato alacremente per costruire, intenzionalmente e deliberatamente, una cultura del negazionismo, per screditare il lavoro dei ricercatori che cercavano di spiegare il cambiamento climatico esponendo i dati, e per ammantare di credibilità scientifica le posizioni più infondate. L’obiettivo? Pilotare il consenso e influenzare la politica, in modo da evitare o rallentare le decisioni necessarie per frenare il surriscaldamento del globo e che, inevitabilmente, puniscono settori economici di grosso peso.
Testate importanti hanno tematizzato in maniera stabile il cambiamento climatico e anche contribuito a migliorare il linguaggio che lo racconta.
Dal 2019, per esempio, su The Guardian non si scrive più “ cambiamento” ma “crisi” o “ emergenza climatica”. Organizzazioni no profit mettono in rete, a disposizione di tutti , documenti e analisi per dimostrare e spiegare l’influenza all’industria nei grandi temi di salute pubblica e ambientale.
La cultura popolare si è mossa, la sensibilità comune, specie in Europa, è forse la più alta mai raggiunta sui temi della sostenibilità (leggi qui, articolo sulla sostenibilità e perché è un falso mito).
Non se ne può più fare a meno, ma non è sufficiente. Un livello adeguato di comprensione sui temi ambientali oggi deve essere parte imprescindibile di una nuova alfabetizzazione, di una nuova cittadinanza. È urgente rifondare un rapporto di fiducia fra scienza, informazione e opinione pubblica, che parte dalla scuola e dagli strumenti per interpretare il mondo.
Ed è il momento di alzare l’asticella anche sul piano etico.
“ Tutto ciò che possiamo fare è aumentare le possibilità della scienza di farci uscire da questo pasticcio: educare gli scienziati, sostenere la ricerca pura, diffonderla liberamente e premiarla con l’immortalità, non solo con il denaro.”
Alex Rosenberg, The New York Times
L’operato di Trump negli altri settori non è tema di questo articolo, che sia stato giusto o sbagliato, che abbia fatto bene o abbia fatto male, come ha detto qualcuno prima di me spetta alla storia rivelare come questa ci giudicherà.
Sul tema ambiente ha fatto molti disastri che speriamo siano recuperabili dalla nuova amministrazione e da un vero impegno congiunto, di tutti.
E speriamo che i nuovi arrivati mantengano le loro promesse.